TITOLI

Assistente addetto alle esercitazioni presso la cattedra di Composizione Architettonica V° E della facoltà di Architettura di Roma per gli anni accademici:

  • 1972/73 – Consiglio di amministrazione del 24/6/74
  • 1973/74 – Consiglio di amministrazione dell’ 11/6/75
  • 1974/75 – Consiglio di amministrazione dell’ 11/5/77
  • 1975/76 – Consiglio di amministrazione del 16/11/77-20/12/78
  • 1976/77 – Consiglio di amministrazione del 12/12/78

Assistente con qualifica di Studioso della disciplina di Composizione Architettonica dell’anno 1983 (verbale del Consiglio di Facoltà del 18 aprile 1978).

Attività Accademica

L’architetto Umberto Tari Capone è stato presente nell’attività didattica del corso di Composizione Architettonica dell’anno 1971. Infatti, non ancora laureato, è stato incluso in modo informale nell’organico degli assistenti del corso di Composizione Architettonica diretto dal Prof. Giuseppe Perugini. Ha collaborato in questa veste al coordinamento dei seminari in corso di svolgimento per quell’anno prendendo parte attiva alla stesura di una pubblicazione che riassumeva i temi dibattuti, redatta dal gruppo dei collaboratori del Prof. Perugini.

Nell’anno 1972 ha svolto un’attività di coordinamento tra il corso di Composizione Architettonica e quello di Analisi Matematica  della Prof.ssa Maria Fonti Zevi nel tentativo di verificare alcune esperienze di Architettura Cinetica che, sulla base dei nuovi temi sviluppati nell’Università da un gruppo di matematici ed urbanisti (Prof.ssa Maria Fonti Zevi, Prof. Scimemi etc.)  che si avvalevano dei vantaggi costituiti dall’uso appropriato del calcolatore elettronico. Una ricerca sulle potenzialità di questo metodo riferito ad un organismo teatrale polivalente è stato il tema sviluppato per la tesi di laurea dell’anno 1973.

Intanto aveva iniziato la sua attività di correlatore cercando di interpretare le esigenze del corso e di mantenere una linea coerente di condotta culturale ritenendo ciò essenziale per offrire un contributo alla ricerca nel campo della sperimentazione architettonica.

Negli anni seguenti, ha continuato il suo lavoro nell’ambito del corso di Composizione V operando all’interno dei seminari in collaborazione con i laureandi, dedicando gli sforzi maggiori a sostenere la preminenza della metodologia sull’oggetto finito, la necessità di considerare il non specifico architettonico quale punto di riferimento per le verifiche intermedie ed in certi casi utile ad aiutare il progettista a liberarsi di tutte quelle sovrastrutture che ne limitavano le potenzialità espressive.

In riferimento alla condizione di emarginazione del mondo del lavoro dell’architetto neolaureato, il più delle volte per incapacità di controllo di un mercato in continua evoluzione, si è impegnato a sollecitare  l’interesse dello studente, nel momento della scelta dei parametri operativi, per lo studio delle componenti dell’edilizia industrializzata sostenendo anche all’esterno dell’università l’esigenza da parte dell’architetto di confrontarsi con gli aspetti più avanzati della tecnologia, esigenza del resto condivisa dalle scuole di architettura più avanzate, disposte a non perdere il contatto con il mondo del lavoro.

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